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Nuovo libro Gran Zebrù

L'Anima del Gran Zebrù
tra misteri e alpinisti

TUTTO SUL MISTERIOSO GRAN ZEBRU’
La più bella montagna delle Alpi Orientali,
nel centocinquantesimo anniversario della prima ascensione



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chiesa.1@libero.it


Il Gran Zebrù/Koenigsspitze non è una montagna che ti lascia indifferente.
Anzi essa ha tutto, ma proprio tutto, per non passare inosservata. Da quell’originale toponimo alle vicende storiche che l’hanno interessata, dalla scintillante bellezza allo svolgersi dei tanti alpinismi che l’hanno conquistata. Tutto quanto ruota intorno al Gran Zebrù/Koenigsspitze costituisce argomento di grande interesse e curiosità, persino di mistero per casi irrisolti o mai chiariti. Sicché pare strano che sinora nessun autore gli abbia dedicato un’opera omnia che indubbiamente si merita.

La lacuna però è in vista di essere colmata. Ci ha pensato Davide Chiesa il quale, grazie alla sua passione di alpinista innamorato del Gran Zebrù, unitamente alla pazienza e alla determinazione di scrittore e ricercatore, ha messo insieme un volume straordinario che è molto più di una completa monografia, in quanto non trascura alcun aspetto della grande montagna.
Si inizia dalle valutazioni estetiche al vaglio dei tempi e quindi dai toponimi assegnatigli dai coloni delle diversissime valli sottostanti, per arrivare ai primi approcci alpinistici, in cui si inserisce immediatamente la principale vicenda misteriosa della sua storia: il giovane Steinberger avrà poi salito veramente oppure no la cima del Gran Zebrù, partendo dallo Stelvio, nel lontano1854? Oppure la "prima" è da attribuire agli inglesi nel 1864?

Per far luce su quello che ancor oggi risulta essere uno dei casi irrisolti della storia alpinistica, l’autore non si limita a passare in rassegna la letteratura sull’argomento, bensì - per la prima volta in Italia - egli organizza una vera e propria inchiesta. Percorre passo per passo l’itinerario descritto nel testo originale di Steinberger (grazie alla traduzione dal tedesco di Raffaele Occhi), lungo i ghiacciai occidentali del Gran Zebrù, per individuare quella “costola di roccia e neve che sta sopra all’enorme crepaccio” utilizzata dal giovane seminarista per raggiungere la cima. E cerca di sciogliere l’enigma operando sia sui carteggi dell’epoca sia sulle deduzioni logiche tratte anche concretamente sul campo e producendo le prove fotografiche a corredo delle argomentazioni.
Non svelo ovviamente la soluzione del giallo, ma non posso esimermi dal dire che si tratta dell’analisi più seria fatta posteriormente a quella dell’austriaco Friedmann che nel 1882 si adoperò a ripercorrere l’itinerario con una giovane guida di Trafoi per verificare i tempi di percorrenza. Dopo di quella, infatti, altri autori (uno svizzero nel 1906 e un tedesco nel 1929) molto superficialmente si sono trovati concordi nel sostenere come fattore decisivo solamente le perfette condizioni di innevamento di allora e basta!

L’opera di Davide Chiesa prosegue con una grande carrellata sull’alpinismo classico con i suoi protagonisti, fra cui si annoverano tutti i più bei nomi della storia alpinistica, che hanno salito le sue creste perfette e le sue pareti scintillanti. E si rievocano alcuni personaggi particolari come ad esempio quello dell’originale Professor Minnigerode che sale la nord senza ramponi!

Nel contesto si inserisce pure la dolorosa ma eroica parentesi della “Grande Guerra”, la quale proprio sul Gran Zebrù ha fatto registrare la più elevata battaglia del conflitto, ha assistito alle note vicende del cosiddetto “Nido delle aquile” e ad altri episodi incredibili; come quelli dei combattimenti sulla cresta della “Sulden” o come quel tentativo di predisporre le strutture per sferrare un attacco su per la “repellente” parete ovest. Una parete che da allora nasconde un segreto e che l’autore è riuscito a svelare…

Nel primo dopoguerra, durante i ruggenti Anni Trenta, si gioca anche sul Gran Zebrù la lotta per le pareti nord e le direttissime a goccia d’acqua, sino ad arrivare negli Anni Cinquanta alla controversa e complicata vicenda della “Meringa”, quando esplode il fenomeno Kurt Diemberger. Anche in questo caso l'autore non si limita a scorrere la letteratura sull’argomento, ma va a registrare la viva voce dei protagonisti ancora viventi (Kurt Diemberger ed Herbert Knapp), per fare chiarezza su due diverse verità... Anni dopo la “Meringa” crolla, ma anche questa è un’altra storia.

Superato così il secondo dopoguerra, rinasce alla grande l’alpinismo invernale. E sul Gran Zebrù è il momento dell’epopea dei giovani meranesi (ai quali riserva una simpatica intervista): Ulli Koessler, Dieter Drescher, Helmut Larcher e Leo Breitenberger.
Ma vi è pure la prima invernale della via Ertl che è stata di Jack Canali. E lo sapevate che lo sci estremo è nato sul Gran Zebrù/Koenigsspitze? C’è anche questo. Non mancano neppure notazioni sulle curiosità locali legate alla nostra montagna: cose di Solda e cose di Valfurva, la storia dell’orso con quelle del cervo e dell’aquila, come pure le avventure vissute in prima persona dall’autore sulle più impegnative vie classiche, una delle quali a fianco del tirolese Kurt Ortler “la guida dalle sette vite”.

Infine c’è l’alpinismo moderno, a sud come a nord, i cui prodromi sono stati innescati da Eraldo Meraldi sul versante forbasco e per ora conclusi sul versante tirolese con la recente pagina drammatica vissuta e scritta dai celebri fratelli Riegler (i Rieglerbrothers).
Chiude l’opera l’immancabile parte monografica con strutture ricettive, itinerari di accesso ed elenco completo delle vie alpinistiche con i relativi tracciati a tela di ragno e le loro difficoltà estive ed invernali. L’eccezionale e ricca documentazione iconografica, sia d’epoca storica sia recente del tutto nuova, assicurano l’immediata comprensione delle storie e dei racconti o delle vicende riportate.

Il volume è pure arricchito dalla prefazione di Umberto Martini, Presidente Generale del Cai, e dalle presentazioni di Don Josef Hurton e Florian Riegler per la parte altoatesina, nonché da notazioni geologiche e glaciologiche da parte di esperti, con considerazioni sugli effetti dei recenti mutamenti climatici sui ghiacciai e quindi sui relativi itinerari. La vasta documentazione bibliografica consultata, di fonte sia italiana sia tedesca, che va dagli albori dell’alpinismo sino ai giorni nostri, rivela la seria e paziente opera di ricerca messa in campo dall’autore.

Con quest’opera - edita da Idea Montagna di Padova - Davide Chiesa ama dire che è andato alla ricerca dell’anima del Gran Zebrù/Koenigsspitze (il titolo proposto recita “L’Anima del Gran Zebrù, tra Misteri ed Alpinisti” con sottotitolo “150 anni di storia, racconti, itinerari della più bella montagna delle Alpi Orientali”) e vorremmo anticipare ai lettori che forse l’abbia anche trovata…


Lino Pogliaghi



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